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Brasile, un abisso tra bianchi e neri

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Sarà pure un paese in crescita, ma il Brasile è ancora e diviso al suo interno. I bianchi da una parte, i neri dall'altra, sui gradini più basi della scala sociale. "Fra bianchi e neri c'è un abisso immenso". Dove l'aggettivo e il sostantivo vanno a braccetto e si rafforzano a vicenda. La frase viene scandita nel Giorno della coscienza nera dal presidente del Supremo tribunal federal, più o meno l'equivalente della nostra Corte costituzionale, da Joaquim Barbosa e ha un valore, come dire, doppio, perchè Barbosa, 59 anni, è il primo presidente di colore dell'alto organismo. Il Brasile è cambiato negli ultimi anni, ha numeri importanti ed è entrato a pieno titolo fra le prime dieci econome del pianeta. Ma presenta ancora sacche inenarrabili di povertà, analfabetismo e sottosviluppo. E gli ultimi fra gli ultimi sono sempre loro: i neri, i discendenti degli schiavi arrivati dall'Africa con il colonialismo. Barbosa tratteggia un ritratto impietoso: "Un immenso abisso separa bianchi e neri, nell'accesso, in condizioni di parità, ai beni essenziali per la piena fruizione della cittadinanza come l'educazione, la salute, l'occupazione e la giusta retribuzione per il lavoro".

La denuncia arriva dal presidente del Supremo tribunal federal Joaquim Barbosa: la popolazione di colore indietro su lavoro, salute, istruzione.


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