Il peggior problema dei ragazzi? Capire se gli adulti siano una razza peggiore della loro oppure no. Sceneggiatore di successo di storie amatissime da bambini e teenager, anagrafici e non, da Dylan Dog a Topolino (sua la trasformazione in fumetto di Novecento di Baricco, votata dai lettori «la migliore storia di Topolino di tutti i tempi»), Diabolik, Tex, Spiderman, Tito Faraci, classe 1965, l'ha capito anche troppo bene e i suoi romanzi young adult vanno a segno anche per questo. Death Metal (Piemme, pagg. 292, euro 15,50, il suo secondo titolo, in libreria da oggi), ha una partenza anche troppo adulta, a dir poco inquietante: zio Aldo preleva «il bambino» nel cuore della notte e lo porta a un combattimento di cani in un pollaio. Prima le ha provate tutte: rimproveri, urla, punizioni, incendio nel camino della collezione di fumetti, prigionia in cantina a pane e acqua insieme ai topi. Ma ora ha avuto l'idea geniale: ha prelevato il cane Attila, unico compagno di giochi del bambino, con il preciso intento di costringere il piccolo ad assistere mentre un pitbull lo sbranerà. È l'inizio di un incubo senza indagatori professionisti, ma con cinque ragazzi pugliesi protagonisti: in uno di loro alberga l'inferno.
Quello che Faraci riesce a fare è portare Stephen King in coda al viaggio degli Snake God Hunters, il gruppo metal composto dai cinque, per arrivare nell'Oltrepò pavese e suonare a un concerto. Agli SGH piacciono i vecchi film horror, quelli con «il classico mostro di Frankenstein o quello della Laguna nera, con in braccio la fanciulla terrorizzata» nei manifesti e i loro testi non sono basati su storie inventate ma su incubi, potenze e culti reali, come quello del serpente, incarnazione dei demoni inviati dal Diavolo, capaci di possedere i corpi e trasformarli nella loro prigione. Ecco perché il loro logo è una testa di serpente trafitta. Che a qualcuno può sembrare un deicidio. Immedesimarsi negli incubi degli adolescenti non è facile, ma un segreto c'è: «Si deve scrivere per tutti. E poi pensare che quella storia possa piacere anche a bambini e ragazzi. Io penso anche a ciò che di quell'epoca della mia vita mi è rimasto dentro: traumi, sofferenze, difficoltà e anche violenza. Non c'è legge che sia più dura della legge del cortile di una scuola. Peggio del carcere. Bisogna scrivere storie senza condiscendenza, perché i ragazzi le sentirebbero insincere». Non teme che nei romanzi, a differenze dei fumetti, non si possa osare tanto? «Questo young adult è più cupo e violento di tutti i fumetti che ho sceneggiato. È come i film horror anni Settanta».
